Allo scoccare della mezzanotte del capodanno 2024/2025, si è materializzato a sorpresa sulle piattaforme il terzo disco di Liberato, intitolato semplicemente III. Dunque, niente NOVE MAGGIO per il cantante napoletano, solito utilizzare questa data come appuntamento fisso per le proprie pubblicazioni. A questo giro però sembra che tutto l’hype che per un po’ ha ruotato attorno alla figura dell’anonimo cantautore incappucciato si sia in parte stemperato, complice anche un nuovo lavoro che si fa apprezzare, ma che non rilancia sul piatto.

Diciamo subito infatti che, se il “difficile terzo disco” di Liberato suona meno ispirato dei predecessori, il disco si fa comunque apprezzare per una scrittura sempre molto curata, una produzione che azzarda qualche variazione (senza sbilanciarsi troppo) e una sincerità di fondo nel mettere in scena il travaglio della sua stessa genesi. Travaglio che viene descritto proprio nell’ultimo brano dell’album, intitolato ‘O Diario: sorta di spoken su base electro alla “Giorgio by Moroder” dei Daft Punk, in cui lo stesso cantante racconta la crisi che lo aveva colpito dopo il successo ottenuto dai primi lavori.

Per fortuna, da quel buco nero Liberato é venuto fuori con nove canzoni (otto nuove e una già pubblicata in occasione del film “Il Segreto di Liberato”), sistemate in una scaletta che piazza in apertura un uno-due di pura euforia dance: l’hyper-pop sotto steroidi di Turnà (sorta di mashup tra Voglia e turnà di Teresa De Sio e Don’t Cha delle Pussycat Dolls), che si fa apprezzare, nonostante il tono un po’ sopra le righe, per il suo genuino entusiasmo, e ‘A ‘mbasciata, pezzone dance come forse mai l’autore aveva prodotto, almeno con tale concisione e chirurgica ricerca della formula battito/melodia.

Con Novembre si rallenta il ritmo e si rientra nella comfort zone di Liberato: neapolish (napoletano+inglese), bassi vischiosi, voci in vocoder e ritornello melodico su battiti rallentati. A voi decidere se siete stanchi di questa roba o se volete godervela ancora per un pò. Noi siamo per la seconda soluzione, specie se dal proprio campionario si estraggono brani come Tre, trionfo melodico con campione soul blues a enfatizzare tutto o come la zuccherina Lucia (Stay with Me), brano già edito nella colonna sonora del film di cui parlavamo sopra.

Sul versante più upbeat, Essa rivisita Penzo sempre a isso di Maria Nazionale, ma ha il sapore del riempitivo e abbassa un po’ la qualità del disco, mentre al contrario conquistano Sì tu (It’s You), pop che fluttua nello spazio, mentre strofa e ritornello si avviluppano in uno scioglilingua continuo, e ‘A fotografia, brano strutturato che si fa ricordare per il buon tiro melodico e un break ritmico per voce distorta che, prima cita l’Eduardo De Filippo di “Napoli milionaria” (“Diasillo, diasillo / signore, pigliatillo / cavaliere della Croce / ascoltate la sua voce”), per poi salire di livello con un ulteriore e acidissimo break dal sapore ragga. Chiude in tono colloquiale e confessorio la ‘O diario di cui abbiamo già detto, che ci mostra un Liberato vulnerabile, ma in qualche modo pacificato e pronto a ricominciare con maggior vigore.

Dopotutto, III sembra avere come primo scopo quello di dimostrare innanzitutto allo stesso autore di essere ancora vivo e capace di produrre un disco di livello. Tra cover rivisitate, brani già editi, ballate che magari hanno il limite dell’effetto deja vu e qualche buona zampata dance, Liberato è riuscito a mettere assieme il suo terzo disco. E se magari l’ispirazione che sembrava benedire ogni mossa del cantante sembra essere al momento un po’ appannata, così come la capacità di farsi sintesi tra vecchie e nuove sensibilità, occorre forse prendere III semplicemente per quello che è: un disco necessario e di transizione.