Dei fratelli Brian e Michael D’Addario si è inizialmente parlano soprattutto per via della loro giovane età: erano infatti soltanto degli adolescenti quando pubblicavano nel 2015 la cassetta a tiratura limitata “What We Know” e, poi, l’anno successivo il vero debutto “Do Hollywood“. In quel 2016, i Lemon Twigs facevano irruzione sulla scena come alieni fuori tempo massimo: agghindati con tute in spandex, pantaloni svasati, tagli di capelli anni ’70 e tonnellate di synth vintage erano perfetti per provocare la nostalgia per un tempo che, di certo, i due non avevano vissuto, ma che magari avevano avuto modo di ascoltare nella loro casa di Long Island, magari dal padre, Danny D’Addario, musicista dalla carriera sottovalutata, che varrebbe la pena recuperare, visto anche il successo della prole.
Al fantastico debutto “Do Hollywood“, faceva poi seguito “Go To School“, in cui i fratellini, omaggiando e facendo tesoro della loro pregressa “carriera” di attori bambini in produzioni di Broadway e televisive, si producevano in un musical rock ampolloso e bizzarro che parlava – tra le altre cose – di uno scimpanzè adottato di nome Shane.
Nel 2020, infine, “Songs For The General Public“ cementava il loro status di musicisti ossessionati dal passato, ma capaci di donargli nuova linfa, grazie a una scrittura che si raffinava e si faceva meno schizofrenica e imprevedibile, distendendosi lungo dodici meravigliosi brani che andavano dal pop barocco al glam più sboccato.
Giungiamo infine al fresco di stampa “Everything Harmony” in cui se da un lato si continua ad omaggiare rispettosamente giganti come Todd Rundgren (e, scusate se insisto, Danny D’Addario…), dall’altro mostra un’ulteriore crescita musicale, non dissimile da quella che 50 anni fa aveva consentito proprio al giovane Rundgren di far decollare il suo power pop verso le vette di “Something/Anything?” e “A Wizzard/A True Star”.
I due D’Addario sostengono che questo sia il loro “album di Simon & Garfunkel” (influenza in effetti ben presente in brani come “Corner Of My Eye”), ma – a sentir bene – “Everything Harmony” è più di questo, trattandosi di un lavoro molto più variegato di quanto possa sembrare, tra echi di Byrds, Big Star, Raspberries, Carpenters, James Taylor, Beach Boys e, drizzando le orecchie, anche del Bowie più glam o dei primi Bee Gees. Tutto ben mescolato e confezionato per un lavoro che supera di gran lunga qualsiasi cosa gli ex bambini prodigio abbiano fatto in passato.
Rispetto ai dischi precedenti, sembra prevalere un’anima maggiormente folk e meno rockettara, mentre ciò che rimane invariato è il coraggio e la sfrontatezza con cui i due si misurano con i riferimenti alti (altissimi!) di cui sopra.
Aperto da una “When Winter Comes Around” che immagina i Gorky Zygotic Mynci a passeggio per il Laurel Canyon (“There’s a leaf that returns in the fall/ that no one can recall/ when Winter comes , “C’è una foglia che ritorna in autunno/ che nessuno può ricordare/ quando arriva l’inverno” ), “Everything Harmony” diventa ben presto una festa a tema anni Sessanta, con canzoni di bellezza cristallina e tristezza senza tempo, capaci di costruire una giostra emotiva in cui i Byrds più espansivi trottarellano spensierati verso un musical di Broadway (“Ghost Run Free”) o si siedono al pianoforte per reimmaginare “ Surf’s Up” dei Beach Boys (“I Don’t Belong To Me”).
Ai due ragazzi sembra riuscire tutto, quasi come se fossero riusciti una volta per tutte a decodificare la sequenza genetica del miglior pop: dalle delicate riflessioni sulla mortalità di “Any Time Of Day” (“They say people pass away to make a space for all the young ones”/”Dicono che le persone muoiono per fare spazio a tutti i giovani“), alla sobria eleganza che abita i versi di “What Happens To Heart“, il cui ritornello trascendente rievoca le suggestioni della “Maybe I’m Amazed” di McCartney.
Non c’è niente di nuovo sotto il sole, ma aggiungiamo che non sembra essere affatto necessario: basta il talento dei fratellini capaci di evocare lo spirito circense e dispettoso del vecchio Macca in “Born To Be Lonely” o di tirare fuori dal cilindro una “What You Were Doing” che, impetuosa ed elettrica, avrebbe fatto la sua bella figura in qualsiasi disco degli anni ‘90 dei Posies o dei Teenage Fanclub. E se a volte si ha l’impressioni che i due stiano esagerando con lo zucchero e il falsetto (“Any time of Day“, “Still It’s Not Enough“), c’è da dire che il limite non viene mai oltrepassato, fermandosi giusto sull’orlo del coma glucosico e lasciando sul palato un retrogusto dolciastro che non dispiace affatto.
Se dovessimo citare il momento clou del disco, probabilmente sceglieremmo “Every Day Is The Worst Day Of My Life”, in cui – un po’ come fecero gli Sparks in My Baby’s Taking Me Home” (che sia una cosa che si fa tra fratelli?) – il testo è rappresentato unicamente dalla ripetizione del titolo stesso, che ripetuto lungo tutto il brano riesce a trasformare tutto il dolore presente in un balsamo simile a certi prodotti marcati Elliott Smith (ricordate “Everything Means Nothing To Me”?).
Mentre è la penna di Brian a essere responsabile del momento più toccante dell’album, ovvero la chiusura di “New To Me“, cantata dal punto di vista di un paziente affetto da Alzheimer: “When your face is new to me/The way it used to be/Don’t try to make me see/We can fall in love again,” “Quando il tuo viso è nuovo per me/Com’era una volta/Non cercare di farmi vedere/Possiamo innamorarci di nuovo“. Una poesia che nel finale riesce a suonare allo stesso tempo, empatica e romantica: “When you hold my hand/And tell me who I am/I’ll find my heart’s connection.”/”Quando tu prendi la mia mano/e dico chi sono/troverò la connessione del mio cuore.”
Insomma, per tutti noi bambini che amiamo quell’Arcadia perduta che è stato il rock degli anni sessanta e settanta, “Everything Harmony” rappresenta un lavoro impossibile da non amare, una boccata d’aria fresca molto gradita che sommerge l’ascoltatore, al punto da fargli dimenticare che quei tempi sono definitivamente andati, insinuando il dubbio che certe vibrazioni possano sempre rinascere: basta che due musicisti di talento riescano a connettersi e a vibrare con esse.
Dicci cosa ne pensi