Un talento abbagliante. Quando la sparuta “redazione” del blog è incappata in “Lover’s Leap”, il precedente disco di Alex Pester del 2021, non credeva alle proprie orecchie. Durante i vari ascolti ci mandavamo, increduli, le varie impressioni, con un tasso di meraviglia simile a quello dei cercatori che avevano appena trovato un inedito filone d’oro. Quel disco ci sembrava frutto di un talento purissimo capace di mettere assieme alcune delle musiche che più avevamo amato: Beatles, Nick Drake e Robertino Nostro su tutti. Avevamo dunque contattato il giovane musicista per porgere alcune domande su quello scrigno di meraviglie.
Non sorprende dunque come, non appena giunta la notizia di un nuovo lavoro, intitolato “Better Days” e in uscita per Violette Records, non abbiamo perso un attimo e ci siamo precipitati ad ascoltarlo.
Ebbene, se la prima buona notizia è che, dopo tre lavori usciti solo in digitale, per il disco è prevista un’uscita fisica, la seconda e più importante è che il disco è molto buono. Anzi, buonissimo, benché molto differente dal suo predecessore. La magnifica erranza psichedelica di “Lover’s Leap” si è attenuata, lasciando un retrogusto persistente, mentre la scelta di un minutaggio più limitato sembra aver inciso sulla scrittura del disco, ricolma di una poesia gentile e caratterizzata da delicati colori pastello.
Anche questa volta, non ci siamo fatti sfuggire l’occasione di porgere qualche nuova domanda al musicista inglese.
Ciao Alex,
ci rivediamo più o meno a distanza di un anno. Come lo hai passato dal punto di vista musicale?
Ho iniziato le registrazioni di “Better Days“ quasi subito dopo aver terminato “Lover’s Leap“. il primo brano che ho scritto e registrato è stato “Big Black Second-Hand Book“. In quel periodo sono stato contattato da Violette per lavorare a un ELP (una loro creazione, a metà tra un EP e un LP) e, fin da subito, sono riuscito a mettere insieme del materiale piuttosto vario, tanto che l’anno scorso ho dovuto scartare molte canzoni. Si tratta di una cosa molto rara per me: per i miei ultimi album, infatti, avevo pubblicato essenzialmente ogni canzone completa che avevo scritto! “Better Days” invece è stato curato con più attenzione…
Il nuovo disco ci sembra rinunci alle digressioni strumentali di “Lover’s Leap” e si presenti come più conciso e meno avventuroso. La produzione appare rigogliosa e tradisce una cura amorevole per le canzoni, quasi a voler cercare il miglior vestito per ciascuna di esse. Si tratta di scelte precise in vista dell’appuntamento con il primo disco “stampato” oppure semplicemente le canzoni che hai scritto si sono evolute così in modo naturale?
Le canzoni di “Better Days” sono costruite in effetti con molta cura. Volevo che la scrittura delle canzoni fosse più strutturata e completa. “Lover’s Leap” è uno scrigno pieno di stati d’animo e di stili, mentre “Better Days” è più concentrato e ridotto all’osso. Diciamo che entrambi gli album hanno la loro ragion d’essere.
In Lover’s Leap c’erano una serie di canzoni che rappresentavano – parole tue! – “una discesa nel mio subconscio”. Anche in questo disco, So What e In the Night, complici l’utilizzo di una voce femminile e di una tromba evocativa, sembrano suggerire uno scivolamento verso il subconscio. Era questo il tuo intento in quella sezione del disco?
L’ordine in scaletta è un elemento importante per questo album. Relativamente alle canzoni citate nella domanda, mi sembra che scorrano bene insieme, ma non sono sicuro che possano essere accomunate alle suite di “Lover’s Leap“: considera che tra i due brani é trascorso circa mezzo anno di scrittura e di esperienze, quindi mi rapporto a loro come ad entità a sé stanti. “Lover’s Leap” è stata un’esplosione di idee che si sono succedute in un tempo compresso. C’è sicuramente molta musica “di testa” in questo brano. “So What” e “Restless” sono in fondo improvvisazioni, anche se con arrangiamenti calcolati.
Ascoltando questo lavoro, emerge a nostro avviso in maniera chiara una sorta di naturale prossimità con il Paul McCartney più pastorale. Una prossimità, per noi ascoltatori, davvero esaltante… Come vivi tu, da musicista, questa affinità con uno dei giganti della musica? E in generale come ti poni davanti ai tuoi modelli?
I primi album da solista di Paul (e “Ram” con Linda) sono le fondamenta del mio approccio DIY. È tutto un gioco di stratificazioni sonore e di familiarità. Il tentativo di catturare qualcosa andando direttamente alla fonte. E quindi, come Paul registrava i suoi pezzi collegandosi direttamente a un registratore Studer, io ho il mio microfono che conosco bene e un MacBook di 11 anni fa che sventola sullo sfondo delle registrazioni. È una musica orgogliosa del suo essere “casalinga”. Per il resto… se Paul volesse una copia (è improbabile, ma non si sa mai!), gliela porterei di persona, anche a piedi….
In futuro, prevedi di tornare a suite come quella che apriva “Lover’s Leap “ o comunque di arricchire la tua formula? Se sì, quali sono gli stili che ti affascinano come ascoltatore e che ritieni possano amalgamarsi felicemente nella tua musica?
Al momento sto lavorando a un concept album, anche se il concetto che vi sta alla base è un po’ nebuloso. Sicuramente però mi spingerà a muovermi in nuove direzioni, esplorando aree sconosciute. Non credo che sarà un doppio come “Lover’s Leap“, però porterà con sé un po’ di quell’avventura. Ci sono idee e strutture strumentali e di composizione che spero saranno una piacevole sorpresa.
Raccontaci della tromba e della voce femminile che sentiamo fare capolino in alcuni brani del disco? E poi parlaci di “Restless” unico brano strumentale che rievoca un po’ le erranti atmosfere del disco precedente.
Si tratta dei miei amici Joey e Sarah. Spero di portarli presto in tour con me per promuovere l’album. In realtà non sono ancora stati insieme nella stessa stanza, ma credo che andranno d’accordo. Joey è un trombettista fantastico! Abbiamo inciso tutte le sue parti in circa 2 ore in due giorni. È un vero jazzista, un improvvisatore naturale, molto tranquillo.
Sarah è la persona più interessante che conosca! Sono due persone dalle quali viene fuori letteralmente creatività. Fanno micro-montaggi musicali, suonano praticamente di tutto e la loro voce è incredibile. Quando ho fatto ascoltare loro “Are You Gonna Make Her Choose“, non stavano più nella pelle. Non credo che si aspettassero che la loro voce fosse così presente nel mix. Un giorno faremo il nostro disco e sarà certamente un album caotico. “Restless” è in pieno stile Robert Wyatt. Volevo vedere se potevo riflettere la volatilità della creazione della musica e quell’attitudine che porta certi artisti a spingersi fino al punto di rottura, senza oltrepassarlo. In questo brano Joey e io, abbiamo visto fino a che punto potevamo spingerci, pur mantenendo il suono e le sensazioni fondamentali dell’album.
Abbiamo suonato imbottiti di “Dr Pepper Vanilla Float” (ndr bibita di importazione statunitense), e Joey ha cantato con un grosso taglio sul labbro fino ad arrivare a ridere istericamente di dolore e/o di gioia. E’ stato divertente ma a tratti anche spaventoso.
Ascoltando il tuo disco, ci siamo davvero abbandonati a una musica delicata che ci sembrava davvero capace di pacificare ogni male… Ma, al di là delle nostre parole, ci piacerebbe sapere da te cosa vorresti che i tuoi pezzi comunicassero all’ascoltatore?
“Better Days” parla soprattutto di amore, rotture, identità, sogni, conversazioni e decisioni. Potrei dire che fino ad ora si tratta del ritratto più onesto del mio “paesaggio interiore”. “In The Night” è il mio brano preferito, perchè sento che all’interno della canzone ogni elemento riesce a fondersi nel tutto, in una maniera sorprendentemente concisa ed elegante.
Visto il vostro nuovo rapporto con Violette, è possibile che vedremo pubblicati i vostri album precedenti?
Sarei molto interessato a vedere un’edizione in vinile di “Lover’s Leap” nel prossimo futuro. Credo che “Better Days” stia vendendo abbastanza bene da giustificare un’ulteriore discussione in merito, ma è ancora presto. Fare questo disco con Violette è stata una vera e propria educazione, un’esperienza fantastica.
Vi ringrazio tantissimo per questa conversazione: come artista, mi piace immensamente parlare di me stesso. Il vostro continuo sostegno e interesse significa davvero molto per me!
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