Tra gli album che più abbiamo apprezzato l’anno scorso, figurava un piccolo disco, intitolato “Pure.”, intestato al musicista elettronico Selfimperfectionist ed edito, purtroppo solo in formato digitale, dalla Delete Recordings.
Un lavoro che in ambito di musica elettronica si era fatto strada in mezzo a nomi magari più blasonati o celebrati, finendo per guadagnarsi un numero sempre maggiore di ascolti. E ciò non tanto perché si trattasse di un disco misterioso che invogliava al riascolto con la promessa di disvelare lentamente i propri segreti, quanto per via della capacità della musica di comunicare da subito a livello emotivo, generando uno scambio empatico tra musicista e ascoltatore che non si esauriva con gli ascolti.
Un piccolo sortilegio che chi ama la musica conosce bene e che gli autori di questo blog, dediti alla nobile arte della “scrittura karmica”, si propongono da sempre di celebrare, al solo fine di sdebitarsi.
Abbiamo dunque contattato Giorgio Pilon, l’uomo che si cela dietro il moniker Selfimperfectionist, e gli abbiamo rivolto alcune domande.
Partiamo dalle parole che abbiamo scritto nel nostro articolo sui migliori dischi dell’anno, dove sostenevamo che “Pure.” riusciva a “spostare l’attenzione dalla perizia tecnica (comunque presente), all’aspetto emotivo della questione”. La forte componente emotiva che sembra permeare i tuoi dischi è un effetto che ricerchi? Ritieni sia una conseguenza del tuo background di ascoltatore/musicista di estrazione wave e rock?
Mi fa molto piacere che questo aspetto emerga in tutta la sua naturalezza, la mia produzione è caratterizzata da una forte emotività; compongo veicolando suggestioni che si legano al mio vissuto passato e presente. L’eredità dei miei ascolti è un bene prezioso, sono riconoscente a tutti coloro che nel corso di questi 35 anni hanno contribuito alla mia formazione musicale.
Del disco abbiamo apprezzato la quantità di registri utilizzati che non scadevano mai nell’effetto catalogo, grazie – appunto – a un disegno emotivo che teneva legato tutto. L’esplorazione di tali registri aveva un fine specifico o sei soltanto curioso di sperimentare?
Sono una persona molto curiosa e amo utilizzare diversi registri espressivi; ci sono brani all’interno di “Pure.” composti in maniera completamente differente. “Goodbye, my dear friend” nasce da suggestioni dove malinconia e ricordo veicolano il suono verso una struttura riconducibile ad atmosfere dreamy mentre “Untold” esplora abissi di matrice dark ambient.
In questo caso, ancora una volta, la produzione artistica di Marco Milanesio ha realizzato perfettamente quelle che erano le mie intenzioni iniziali esaltando le potenzialità di ogni singola traccia.
Restando sulla grammatica interna della musica elettronica, nei tuoi dischi e in “Pure” in particolare, sono presenti sia pulsioni ritmiche serrate che rallentamenti ambient. Come ti poni di fronte al classico dualismo tra la dimensione più danzereccia (o hardcore) della musica elettronica e quella maggiormente d’ascolto?
Nel corso degli anni ho imparato a mediare qualsiasi tipo di ascolto e ispirazione che provenga da artisti anche non direttamente associabili ai miei gusti più intimi; in questo presente è sempre più difficile porsi di fronte a un’opera con elementi dialettici che non tengano conto delle diverse influenze che hanno attraversato questo secolo nei suoi primi vent’anni di vita. Abbiamo assistito recentemente a una mutazione delle dinamiche sociali che ha livellato dualismi forse più evidenti in passato, non saprei. Mi sembra si sia acquisita una diversa consapevolezza.
Nelle note che accompagnano il disco si parla del rapporto tra il disco e la perdita dei tuoi genitori. Come hanno inciso sulla tua musica il dolore, la perdita e la catarsi?
Mia madre è morta il 24 febbraio del 2021 lasciando me e mio padre sgomenti, in quei giorni scrissi per lei “Archangel” e pubblicai il brano con molta urgenza in digitale; desideravo celebrare la sua memoria e istintivamente salvare me stesso dal dolore. Il 29 luglio del 2022 mio padre è scomparso improvvisamente, ho voluto dedicare a lui “Pure.” senza la minima esitazione. In quei giorni l’album era in fase di missaggio, stava nascendo qualcosa che avrei voluto dedicare alla sua memoria e così è stato. Buona parte del lavoro è permeata dal tema della perdita e della nostalgia, in questo senso “Untold” è forse il brano più rappresentativo.
Facciamo un passo indietro… parlaci del moniker che hai scelto, quali significati ha avuto e possiede tutt’ora? Prima di questo progetto che esperienze musicali avevi avuto?
Quando ho scelto il moniker che avrebbe rappresentato la mia carriera solista mi sono ispirato al titolo di uno dei miei brani preferiti scritti dagli Adorable; il brano “Self-imperfectionist” è la b-side del singolo “I’ll Be Your Saint” uscito nel 1992 per Creation Records. Il pezzo incede ed evolve in maniera epica, sino alla conclusione meravigliosamente romantica racchiusa in queste parole “I know I’m imperfect / I’m not just saying it for the fact / I don’t want to sacrifice the only thing I’ve cared for in my life. Forgive Me”. Non potevo che ripartire da qui, tutto sembrava avere un senso. Prima di intraprendere la carriera solista sono stato membro di band per le quali serbo sempre un tenero ricordo, Catarsi e SingleSignOn in particolare.”
Tornando al rapporto tra rock ed elettronica. Quali differenze noti tra le due musiche. Nonostante tutte le contaminazioni che negli anni si sono succedute si può ancora parlare della contrapposizione tra lavoro collettivo (per il rock) e solitario (per l’elettronica)?
Io non percepisco una netta contrapposizione tra generi e processo creativo come in passato. La dimensione nella quale si muovono alcuni musicisti contemporanei è tutt’altro che antitetica; mi vengono in mente alcuni progetti o band che hanno sintetizzato perfettamente ciò che intendo esprimere: Lali Puna (dei veterani in tal senso), Port-Royal, Raime e la loro contemporanea estensione Moin (nei quali suona la meravigliosa Valentina Magaletti) sono un esempio di ciò che intendo esprimere.
Ravvisi tra i tuoi lavori un’evoluzione e se sì, verso dove sta andando Selfimperfectionist?
Mi auguro che chi mi ascolta abbia percepito qualcosa di diverso e stimolante rispetto ai lavori pubblicati in questi undici anni di carriera solista; non ho idea di dove mi porteranno le future suggestioni, credo sarà necessario che io dedichi molta attenzione alla mia curiosità lasciando che tutto fluisca senza sovrastrutture e mediazioni (per quanto sia estremamente difficile).
Per alcuni tuoi precedenti lavori hai scelto la pubblicazione in cassetta, per altri in CD, per “Pure.” hai optato per un’uscita solo digitale. Necessità? Scelta precisa a seconda del lavoro? Qual é il criterio?
Urgenza, immediatezza e necessità sono stati i criteri. Per la prima volta non mi sono posto il problema di fare uscire a tutti i costi il lavoro in formato fisico, volevo uscisse al più presto e preferibilmente entro il 2022 in QUALSIASI formato.
Ho accettato la proposta della Delete Recordings, etichetta con la quale avevo precedentemente collaborato per l’uscita, sempre in digitale, della compilation “Golden Dolphin – Music For Turin vol.1”.
Al di là della stima reciproca abbiamo pensato fosse sensato dare una continuità al percorso intrapreso insieme nel recente passato. Nei precedenti tre lavori avevo scelto la cassetta come supporto fonografico, ritengo che per il concept “Making a False Move” del 2017 sia stata la scelta più azzeccata: il corposo booklet interno assecondò sia le mie ambizioni sia quelle di chi aveva collaborato con me alla realizzazione dell’opera”
Infine, facciamo un giochino, che poi come tutti i giochi è assolutamente serio: elenca i cinque dischi rock e i cinque dischi di elettronica che più ti hanno influenzato come musicista e come persona.
Molto volentieri.
I primi cinque sono “Unknown Pleasures” (Joy Division), “Strangeways, Here We Come” (The Smiths), “In Debt” (Disco Inferno), “I Can Here the Heart Beating as One” (Yo La Tengo) e “Technique” (New Order) seguiti da altri cinque dedicati al mio lato di manipolatore di suoni “Untrue” (Burial), “Quarter Turns Over A Living Line” (Raime), “Tri Repetae” (Autechre), “Man-Amplified” (Clock Dva) e impossibile non citare “Song of Love & Lust” di Chris & Cosey dal quale estraggo il brano “Walking Through Heaven” come esempio fulgido di un’elettronica dalle tinte eteree.
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