Lo scorso settembre è stato pubblicato per la Ronzani Editore, Maida Vale, esordio letterario di Michele Benetello, giornalista musicale che da anni impreziosisce le colonne di riviste quali Dynamo, il Mucchio Selvaggio e Sottoterra e, bontà sua e onore nostro, un paio di pagine per questo blog.
Per quanto mi riguarda non si tratta del primo libro di Benetello che mi ritrovo tra le mani… Qualche anno fa, invece di tornare continuamente sul sito di Sniffin Glucose per leggere gli articoli di una rubrica da lui curata, mi ero preso la briga e il piacere di riunire i 45 articoli scritti dal Nostro (se non sbaglio in questo momento la rubrica ha raggiunto quota 59 puntate…) e crearmi il mio personalissimo ebook. Che dire? Forse sono della vecchia scuola e ho bisogno di catalogare, raccogliere e infine consumare con calma o forse la verità è che quella mi sembrava la maniera migliore per rendere giustizia a una scrittura cesellata dal mestiere e a un gusto arricchito dalla vita. Insomma, “I dischi che piacciono solo a me, credo” (questo il nome della rubrica…) ha finito per diventare il primo libro di Michele Benetello che ho letto. Per la cronaca, si trattava di un lavoro generoso (nei confronti del lettore) che poneva la colonna sonora di un’esistenza (quella dell’autore) al servizio di elucubrazioni sulla vita, l’universo e tutto il resto. Nel febbrile universo del giornalista veneto si respirava un’esaltazione rock ‘n roll che, pur saltabeccando da un genere a un altro, riusciva a tenere tutto assieme. Nonostante la struttura episodica della rubrica, si srotolava infatti un percorso coerente tra i vari ascolti che indirettamente invitava il lettore ad assumere la medesima postura identitaria: setacciare le zone meno battute del mondo musicale, nella speranza di incappare (magari inaspettatamente) in quei dischi preziosi che sfuggono al gusto comune, ma che magari riescono a rappresentarci al meglio.
Tutto questo per dire che, quando ho saputo dell’esordio nella narrativa di Michele Benetello, sapevo già cosa mi sarei ritrovato sulla pagina: una scrittura matura che, al netto di qualche eccessiva leziosità (quasi incomprimibile negli esordi…), sapeva riprodurre quel clima confidenziale che si è soliti instaurare solo con gli amici di lunga data. Non potevo però essere certo che Benetello avrebbe anche saputo misurarsi con personaggi complessi, restituire il sapore e le atmosfere dei luoghi in cui la vicenda del suo racconto era ambientata e irretire il lettore con la ragnatela della propria trama.
Finita la lettura del libro ho pensato di discuterne con il nostro amico SirBilly, che – come sapete – oltre a essere uno con cui parlare di Menswear, Associates, Fall, Sparks e Manic Street Preachers, è uno che conosce molto bene Michele Benetello. Più che allo scrittore in persona, dunque, abbiamo infatti preferito porre le domande al nostro Billy, perché si sa: Date a un uomo una maschera e vi dirà la verità…
Ciao Billy, è un po’ che non ci si sente… Vorrei chiacchierare con te di Michele Benetello. Un uomo dalle molte vite: cantante con i Templebeat, giornalista rock e adesso scrittore.
Tu che lo conosci bene: ce ne siamo persa qualcuna di queste vite? Che tu sappia, l’idea di scrivere narrativa è recente o ha sempre coltivato quest’idea? Con quali libri si è formato e quali di questi hanno finito per influenzare “Maida Vale”?
Rieccolo. A sprazzi, come la Cometa di Halley (gran pezzo dell’Irene, peraltro), ricompari. L’uomo ha mugugnato un po’ ma è qui a leggere ciò che scrivo. Pare Simone di Maida Vale, senza i soldi e la gnocca, ovvio. L’idea di cimentarsi con la lunga distanza è partita nel 1998 dice, dopo la sua bella gavetta. Un libercolo ingenuo, sghembo, zoppo, che però ha avuto negli anni dieci revisioni totali, almeno così afferma. Sia mai che un giorno trovi la via della pubblicazione. I romanzi? A quanto ne so i suoi numi tutelari sono Cèline, Burroughs, Ellroy, Francis Scott Fitzgerald. Tutte divinità che di sicuro dentro Maida Vale non ci sono. Ovviamente Hornby ha permeato tutta la nostra generazione, lui compreso; quando è uscito ‘Alta Fedeltà’ sono sicuro che moltissimi hanno pensato ‘cazzo è la storia della mia vita, due di picche compresi!’. Lo era.
Che rapporto credi abbia con la scrittura? Intendo proprio con l’attività di mettere le parole in fila… cosa rappresenta per lui?
Ah beh, gliel’ho chiesto spudoratamente: mi ha detto che è come pisciare. Un’urgenza.
Nei suoi articoli giornalistici Benetello risultava professionale e misurato, nella seconda vita bloggerola é diventato più alluvionale e libero. A tuo avviso, come si pone tra questi due estremi la sua scrittura “narrativa”?
Forse la verità è situata nel mezzo. Come ti dicevo io l’ho sempre trovato molto contradditorio l’uomo. Un po’ lo limita, forse. Però devi anche pensare che, per lui, la musica è più importante di qualsiasi altra cosa. Non potrebbe rinunciarvi. Diciamo che la musica è necessaria, la letteratura – seppure importantissima – forse ancora no.
Il rapporto tra la sua vita e la letteratura è simile a quello che sussiste tra la musica che suonava o ascoltava e quella che “criticava”?
Non credo. La musica per lui ha una sacralità, ha il terrore di lordarla, per quello sovente la declina su di sé con molti elementi autobiografici, perché ha sempre fatto parte della sua vita, non riuscirebbe a pensarla diversamente. La scrittura è ancora una sorta di proiezione. Ne ha di strada da fare, lo stronzo.
“Maida Vale” è il classico romanzo che non potrebbe che essere stato scritto nei luoghi in cui è ambientato. Si può anzi dire che il Veneto nebbioso e di provincia rappresenti uno dei personaggi principali del romanzo. Qual è il rapporto di Benetello con il proprio territorio?
Dici bene, il territorio in Maida Vale è trattato alla stregua di un personaggio, in questo concordo con te. Del territorio non potrebbe farne a meno, e in questo lo capisco. Inutile fuggire dalle tue radici. Pochissimi scelgono di cancellarsi le impronte digitali no? Beh, è lo stesso, mi dice. Puoi andare in capo al mondo, rifiutare la genesi geografica, ma alla fine ci devi fare i conti. Noi veneti abbiamo un bellissimo motto che delinea il tutto: ‘viajar descanta, ma se te parti mona te torni mona’ (viaggiare ti sveglia, ma se parti babbeo torni babbeo).
A quale generazione appartiene il protagonista del romanzo? Quella che viene descritta in fondo è una peculiare uscita di scena… chi stiamo salutando?
Mr X (non saprei come chiamarlo, quel pirla non ha nemmeno fatto la fatica di trovargli un nome) è il perfetto perdente, l’uomo che volutamente sbaglia il rigore. Il rifiuto di tutto, finanche forse di vivere. L’accidia elevata ad arte. Si limita a sopravvivere, ma l’esistenza ti mette sempre davanti dei paletti: non puoi scansarli in toto, soprattutto se hanno le tette. Almeno così suggerisce.
Veniamo alla musica presente nel romanzo. Ho avuto la fortuna di leggere la prima stesura del libro e ho visto che la stesura finale ne ha ridimensionato di parecchio lo spazio… A tuo avviso, si tratta di un tentativo di risultare più trasversale, evitando associazioni con quella tipologia di scrittori che-piacciono-agli-appassionati-di-dischi come Hornby, Millar, Doyle?
Fondamentalmente sì. Altrimenti era un romanzo per convertiti e basta. Gli è pesato molto però. Soprattutto lasciar fuori The Wild Swans.
Qual è il rapporto di Benetello con la musica contemporanea? Si sente davvero come il protagonista del romanzo quando dice: “Arriva un momento in cui capisci che sei superato, che non puoi assimilarla come facevi fino a pochi istanti prima, che ti ha lasciato al palo, devi solo prenderne atto e rimanere con le armonie che ti hanno forgiato. La chiamano nostalgia, non sanno che è solo l’inizio della fine”?
Facciamo delle discussioni furibonde a riguardo. Due correnti di pensiero proprio. Ma stavolta non sei interessato a ciò che penso io. Lui è un fedayn del pop, ma extraparlamentare proprio. Vorrei farti leggere le nostre chat sanremesi. Dice sempre che il pop per la musica è come le api per l’intero ecosistema: morto quello scompare tutto, è solito chiosare. E poi aggiunge: ‘ci siamo quasi, pare’. Ma è un vecchio babbione, non ascoltarlo. C’è buona musica sempre, e sempre ci sarà.
Ho saputo che proprio in questi giorni “Maida Vale” ha vinto il premio Giorgione nella sezione “Romanzi editi”… Eri con lui? Come l’ha presa?
Certo che ero con lui. E ti dirò di più, sicuro che non mi crederai: mica se n’era accorto d’aver vinto, brontolava da almeno un’ora che aveva fame e voleva andare a farsi un Filet-O-Fish. La dinamica del premio era un po’ criptica: presupponeva che non proclamassero direttamente il nome del vincitore, lasciando che la cosa si evincesse dalla lettura di un passo del libro. Ecco, non aveva riconosciuto subito che si trattasse di Maida Vale. Lui, che l’aveva scritto. Sto babbeo.
Quando ci ha visti saltare per congratularci ha usato un francesismo qui non riproducibile. Ma è contento sì, non lo ammetterà mai ma lo è.
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