Tempo fa parlai dei Duster in questo articolo sul lascito e sulla gloria “postuma” di cui alcune band godono tuttora, oggi invece voglio riportarvi il simpatico scambio di opinioni avvenuto tra il sottoscritto (L) e Clay Parton (C), fondatore e colonna portante della band californiana, che ha gentilmente risposto via mail alle nostre domande.
In questa breve chiacchierata, esploriamo le circostanze dietro i primi lavori e la reunion avvenuta nel 2018, nonché il nuovo album, uscito a Dicembre 2019 per Mudd Guts.
L. Tu e i tuoi compagni siete cresciuti negli Stati Uniti in un’era dominata dal rock ‘n’ roll (Guns ‘n’ Roses, KISS e Bruce Springsteen sono un esempio lampante) e avete probabilmente messo le mani per la prima volta sugli strumenti in pieno periodo di grunge. Ciononostante, il vostro primo lavoro “Stratosphere” suona in maniera totalmente originale e differente rispetto ai sopracitati. Il vostro sound lento, incessante e caotico deriva principalmente dai risultati di lunghe jam o è frutto di diverse sessioni di design in studio e fu studiato appositamente per suonare così “groundbreaking”?
C. Da piccoli suonavamo in gruppi punk, e penso che questo abbia contribuito, oltre al fatto di non avere avuto una lira ai tempi: è proprio per questo che abbiamo deciso di registrare tutto da soli. Da lì in poi abbiamo mantenuto questa abitudine e abbiamo deciso di esplorare nuove sonorità e nuovi tipi di musica, sempre continuando a registrare da soli e a non avere un soldo…
Abbiamo sempre preferito registrazioni interessanti rispetto a quelle dettagliate e studiate a puntino. Il nostro sound non nasce con l’intenzione di essere diverso, quella è stata una necessità e, per certi versi, anche un segno del destino: la nostra strumentazione faceva pena, e alcuni suoni sono proprio riconducibili a questo!
Per quanto riguarda i primi pezzi dei Duster, non avevamo alcun piano o ambizione: suonavamo solo per noi stessi, per divertirci, all’inizio non volevamo nemmeno far ascoltare nulla a nessuno!
Abbiamo registrato “Stratosphere” quasi interamente a casa. Alcuni brani li abbiamo registrati nello studio di un nostro amico che aveva un bel registratore multitraccia, microfoni decenti e roba del genere… ma ovviamente non potevamo permetterci i nastri!
Per puro caso avevamo delle bobine prese dall’università di Stanford, dove avevano registrato dei suoni per uno studio sul sonno umano.
A ogni riproduzione e registrazione, il nastro si ruppe sempre di più (ai tempi non avevamo né idea di cosa fosse la sindrome da sticky-shed né del fatto che potevamo infornare i nastri per salvarli…): è stato un ulteriore monito per continuare a registrare a casa.
L. Tra le principali tendenze musicali vi sono sempre stati dei cosiddetti movimenti “underground” in grado di attrarre fan e artisti alla ricerca di qualcosa di diverso.
Parlo di post-rock (Talk Talk, Tortoise, Bark Psychosis, Slint), slowcore (Low, Codeine, Bedhead, Red House Painters), noise rock ecc.
Anche alla luce del tempo trascorso, ritenete di essere stati influenzati in qualche modo da queste correnti?
C. Penso che qualsiasi cosa possa essere considerata un’influenza, e non sono nemmeno sicuro che, prima dell’avvento di internet, la differenza tra generi fosse già così chiara e segmentata.
Personalmente ho sempre ascoltato di tutto per essere il più aperto possibile.
AI tempi vivevamo tutti nella stessa casa, frequentavamo gli stessi negozi di dischi, ogni volta sentivamo qualcosa di diverso..
Sicuramente i Codeine hanno avuto un lascito importante per noi, così come i Rorschach, ma anche Theolonius Monk e i Velvet Underground, perfino Blondie…
Sono inoltre abbastanza convinto che i film horror, lo spazio infinito e i cuori infranti tipicamente adolescenziali/giovanili abbiano avuto una pesante influenza su di noi.
L. Avete mai pensato alla “legacy” e alla comunità che si è creata intorno ai Duster durante questi anni, o all’influenza che avete avuto su altre band che sarebbero apparse negli anni a venire? (P.S. Congratulazioni anche per la decisione di ristampare l’intero catalogo!)
Cosa vi ha fatto effettivamente riunire nell’Aprile del 2018, mese del primo segno di vita dopo quasi 18 anni?
C. Non l’abbiamo mai vista in questo modo.
Riconosco ci siano band estremamente importanti, e a volte non è sbagliato pensare di essere il migliore: semplicemente noi non siamo così.
Ci schieriamo fermamente contro ogni forma di promozione e di successo.
È successo tutto quasi per caso, quando ci hanno fatto notare che i nostri brani avevano ottimi numeri sulle piattaforme di streaming, e che qualcuno stava guadagnando su quelle attività. Spoiler: non eravamo noi!
Abbiamo scoperto che chiunque abbia acquisito la “Up Records” dopo la morte di Chris Takino ha effettivamente guadagnato sul nostro nome per quasi vent’anni.
Per quanto il nostro indotto non fosse molto, girava voce che questo venisse fatto regolarmente con diverse band, e che il personaggio in questione vivesse fin troppo bene di questo.
Non ci faceva molto piacere il fatto di essere sempre sul lastrico a fine mese causa affitto e dipendenze varie mentre qualcuno guadagnava sulle nostre spalle.
Abbiamo contattato questa persona, che ci ha detto di aver ceduto tutti i nastri originali alla Sub Pop: un insulto non solo a noi come artisti, ma a tutta la legacy di “Up” e di Chris Takino…
Siamo così riusciti a contattare un rappresentante di Sub Pop/Warner e ad avere parte dei guadagni e i master originali.
Una volta avuto tutto, abbiamo deciso di ristampare il nostro materiale: è stata una scelta sofferta, perché abbiamo sempre disprezzato il lato monetario della musica e il non averci deliberatamente a che fare era una sorta di auto-protezione.
Dopo diverse peripezie, abbiamo deciso di affidarci a “Numero Group”.
L. Il vostro nuovo disco suona come se non vi foste mai separati, figuriamoci per quasi vent’anni! Come avete fatto a mantenere i vostri marchi di fabbrica e al contempo migliorare le tecniche di produzione e rinnovare il sound?
Per caso del materiale risale al periodo pre-pausa?
E’ vero che ci siamo presi una lunga pausa tra i nostri ultimi due lavori, e che per tutto questo tempo non abbiamo più suonato insieme, ma nessuno ha mai smesso di fare musica come la facevamo ai tempi, a casa.
Per questo mi sento di dire che è come se non ci fossimo mai sciolti. Ognuno di noi è inoltre andato avanti coi suoi progetti (Eiafuawn, Helvetia ecc.), che per certi versi suonano in parte come i Duster, anche se apparentemente non lo diresti mai…
L. Avete fatto qualche concerto tra il 2018 e il 2020 dopo quasi diciotto anni. Vi aspettavate una reazione tale dal pubblico? State pensando di riprendere a suonare in giro quando sarà possibile?
C. A volte pensiamo di tornare insieme del tutto, altre invece è tutto finito per sempre.
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